Marxismo e dogmatismo
Il marxismo rivoluzionario non è una
forma di catechismo, non è una cristallizzazione dogmatica del pensiero. Il
marxismo rivoluzionario è il riflesso costante della realtà all’interno del
cervello umano e il conseguente piano rivoluzionario di azione. Il marxismo
rivoluzionario è la scienza che fonda il metodo di analisi, è il metodo di
analisi che scala costantemente la montagna dei fatti concreti e su questa
analisi elabora e sviluppa la propria strategia, la propria tattica e la
propria organizzazione. Il marxismo rivoluzionario è:
1) il complesso organico delle teorie scientifiche di Marx,
Engels, Lenin, Luxemburg, Trotsky, Gramsci e il suo sviluppo sulle sue proprie
basi (dialettica della natura, materialismo storico e dialettico, gnoseologia,
economia politica, teoria dello Stato e dell’egemonia, teoria delle relazioni internazionali,
teoria del sindacato);
2) il metodo scientifico di: a) analisi della fase
storica in corso; b) di ricerca storiografica; c) di sviluppo della teoria;
3) il programma politico della rivoluzione socialista
mondiale (strategia, tattica, principi dell’organizzazione); e
4) la morale rivoluzionaria.
Gramsci e Trotsky
Nei Quaderni, Gramsci osserva che il
Bronstein è il teorico dell’attacco frontale nella fase in cui questo è causa
di pesanti sconfitte. Dopo la seconda guerra, sulla base di questa nota dei Quaderni,
gli stalinisti hanno arruolato Gramsci tra le proprie fila contro i seguaci di
Trotsky. Ma la ricostruzione cronologica di Valentino Gerratana dimostra in
modo scrupoloso, che il grande rivoluzionario sardo scrive quell’appunto sul
Bronstein negli anni in cui la Terza Internazionale stalinizzata adottava la
tattica disastrosa del socialfascimo, cioè dell’attacco frontale contro i
riformisti per conquistare la direzione del movimento operaio. Stalin aveva
rimosso la tattica leninista del fronte unico. Gramsci, recluso nelle carceri
fasciste, non aveva e non poteva avere informazioni adeguate sulla lotta in
corso tra la burocrazia russa e l’Opposizione di sinistra e sulle questioni
dell’Internazionale. In queste condizioni, Gramsci attribuì la tattica
socialfascista (attacco frontale) a Trotsky, quando invece la situazione era
capovolta con Trotsky che sosteneva il fronte unico e Stalin che aveva imposto
all’Internazionale l’avventurismo disastroso del socialfascismo.
Il Partito dei CARC potrà citare Gramsci
tutte le volte che vuole, potrà interpretarlo e utilizzarne le categorie
analitiche, ma non potrà mai arruolarlo tra le file di Stalin o di Mao Tse
Tung. Gramsci è stato fino alla fine un
leninista. Trotsky ha continuato il leninismo nell’epoca del fascismo, del
nazismo, della reazione termidoriana e della controrivoluzione della burocrazia
russa e della Grande Depressione. Da una parte il leninismo, dall’altra lo
stalinismo. Lo stalinismo è la negazione dogmatica del marxismo, è l’ideologia
(falsa coscienza) che svolge la funzione di giustificare e coprire la pratica
politica della burocrazia sovietica nata come “escrescenza parassitaria” dalla
rivoluzione d’Ottobre. Il marxismo è la teoria che riflette la prassi; lo
stalinismo è l’ideologia che giustifica una pratica politica
controrivoluzionaria.
Populismo e spontaneità
Il Movimento 5 Stelle e il Movimento
9 dicembre rimangono reazionari anche se attraversati da contraddizioni, e
rimangono reazionari anche se includono elementi proletari confusi. I più
grandi movimenti reazionari dell’età contemporanea hanno incluso elementi
proletari, anche masse proletarie numericamente importanti. Ma la questione è
che questi movimenti non sono e non sono mai stati l’espressione spontanea
delle masse proletarie, nemmeno di parte di esse. Elementi o masse di
proletariato partecipano passivamente a questi movimenti, sono sempre a
rimorchio di queste dinamiche reazionarie, hanno sempre una posizione
subalterna, mai dirigente.
La partecipazione proletaria ai
movimenti reazionari è una delle forme attraverso cui la piccola borghesia
esercita la propria influenza su una parte dei salariati. Il Movimento 5 Stelle
e il Movimento 9 dicembre non sono movimenti spontanei, ma movimenti
strutturati, organizzati e diretti. Nel Movimento 5 Stelle la direzione è
centralizzata e segue due linee: la linea della centralizzazione telematica
(Casaleggio) e la linea della centralizzazione carismatica (Grillo). La
struttura organizzativa a rete, l’assenza di quadri intermedi, le norme statutarie
minime, la proprietà individuale del simbolo, sono tutti elementi funzionali
alle due linee di centralizzazione. Nel Movimento 9 dicembre l’organizzazione,
anche se improvvisata, poggia su nuove corporazioni conflittuali nate dalla
crisi delle tradizionali associazioni di categoria della piccola borghesia.
Mentre Grillo è un demagogo di professione, nel Movimento 9 dicembre la
direzione centralizzata è l’oggetto della contesa tra demagoghi non di
professione, ma la direzione è presente, anche se attraversata da processi
contraddittori.
Nei movimenti populisti odierni è
presente un solo elemento di spontaneità: il sentimento sociale profondo e
diffuso di rifiuto verso gli attuali governanti europei, nazionali, regionali e
locali, verso il ceto politico e amministrativo dell’Europa e dell’Italia. Ma
le direzioni populiste hanno potuto rappresentare e organizzare questo
sentimento spontaneo in conseguenza di due fattori combinati: 1) il ritardo
storico del Partito di classe; 2) l’arretramento della coscienza di classe dei
salariati, conseguente alla disgregazione materiale della classe lavoratrice.
Questa disgregazione ha la sua origine alla fine degli anni Settanta con il
declino della grande industria (Torino, Genova, Milano) e lo sviluppo dei distretti
industriali (crescita delle piccole e medie imprese), è continuata negli anni
Novanta quando l’imperialismo italiano è stato incapace (crisi di
internazionalizzazione) di ricollocarsi nella nuova divisione mondiale del
lavoro, nella nuova gerarchia imperialista mondiale aperta dalla restaurazione
del capitalismo nell’Europa orientale e in Russia prima, in Cina dopo, e dallo
sviluppo generale del capitalismo asiatico; e si approfondisce oggi con la
crisi di recessione da sovraproduzione.
Curva a gomito e curva dello sviluppo
capitalistico
Con l’espressione “curva a gomito”,
utilizzata in senso figurato, noi indichiamo che nel 2007-2008 è esplosa a
livello internazionale la crisi di recessione da sovraproduzione, la cui
origine si colloca nella metà degli anni Settanta, quando è iniziata l’attuale
fase storica discendente nella curva dello sviluppo capitalistico.
Sottolineiamo che si tratta di una fase storica e non della fase di un ciclo
maggiore o fase di un’onda lunga k. Fase storica è un concetto che esprime la
dialettica struttura e sovrastruttura e che focalizza la funzione retroattiva
della seconda sulla prima. Mentre applichiamo il concetto di ciclicità solo al
breve periodo economico.
L’attuale crisi internazionale di
recessione da sovraproduzione è il prodotto naturale delle leggi oggettive del
modo capitalistico di produzione: legge della sovraproduzione/sottoconsumo,
legge della caduta tendenziale del saggio di profitto, legge della sproporzione
tra i rami della produzione. La sovraproduzione attuale ha iniziato a
manifestarsi a metà degli anni Settanta, ma è esplosa solo nel 2007-2008, dopo
un processo contraddittorio durato circa un trentennio tra le tendenze alla
crisi e le relative cause antagoniste. L’aumento del saggio di sfruttamento
della forza lavoro (politiche neoliberiste), la diffusione del capitalismo
nelle aree geografiche arretrate, la restaurazione del capitalismo nell’Europa
orientale, in Russia e in Cina, il conseguente aumento della concorrenza
all’interno del proletariato mondiale, il conseguente abbassamento dei salari e
delle condizioni di lavoro, sono tutti fattori che per circa trent’anni hanno
posticipato in avanti nel tempo l’esplosione della crisi. Ogni posticipazione
aumentava l’intensità e l’estensione spaziale del potenziale di crisi. Ora le
cause antagonistiche sono state sovrastate dalle cause di crisi, il potenziale
di crisi si è trasformato in realtà, l’esplosione (che è solo una prima
esplosione) del 2007-2008 ha trasformato l’angolo di inclinazione della fase
discendente della curva dello sviluppo capitalistico. E lo ha trasformato nel
senso che quello che prima si muoveva lentamente verso il basso, ora si muove
velocemente e tende a scardinare tutto il complesso sovrastrutturale.
Conclusioni
Paolo Babini afferma la necessità di
un costante miglioramento dei militanti e delle organizzazioni comuniste. Ha
ragione. Questo miglioramento avviene e avverrà nel vivo delle lotte, dove il
Partito Comunista dei Lavoratori combinerà sempre la ricerca della massima
unità d’azione delle forze anticapitaliste con la massima fermezza nella
demarcazione teorica, strategica e organizzativa.
PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI - COORDINAMENTO TOSCANO