RIGASSIFICATORE DI LIVORNO IL MOSTRO SULLE TESTE DEI CITTADINI, LAVORATORI ED AMBIENTE.

Tra poche settimane arriverà al largo delle coste livornesi il primo al mondo e quindi sperimentale impianto rigassificatore galleggiante FSRU.
Perché questo è un prototipo mostruoso per la città e i sui cittadini? 
LE RAGIONI SONO DI ORDINE AMBIENTALE, POLITICO, ECONOMICO -GESTIONALE E DI SICUREZZA.
  Elenchiamole sinteticamente:
LE RAGIONI AMBIENTALI.
La gestione di circa 20 anni dell’ impianto trasformerà l’ ambiente marino per molti km intorno alla nave FSRU a causa delle migliaia di tonnellate di Cloro sversate in mare per mantenere efficienti tutti i collegamenti delle tubazioni con gasdotto sottomarino e con le navi gasiere. L’ attracco e la partenza costante di navi gasiere giganti al rigassificatore creerà un inquinamento incalcolabile negli anni. Senza contare i fondali devastati da ancoraggi e tubazioni: IL SANTUARIO DEI CETACEI, area protetta e includente la zona del rigassificatore, sarà PER SEMPRE DEVASTATO.

LE RAGIONI POLITICO ECONOMICO GESTIONALI
Il consumo di gas a livello mondiale a causa della crisi è fortemente calato. La OLT LNG non ha contratti in corso e pensa addirittura di affittare l’ impianto a terzi. Il capitale societario è di circa 150 milioni di €. Mentre il costo dell’ impianto sta sfiorando il miliardo. Per recuperare parte dei costi OLT ha chiesto al governo una compensazione che ricadrà inevitabilmente sugli strati della popolazione più deboli e sui lavoratori tramite l’aumento delle bollette e dell’ IVA. IREN, uno dei due soci maggioranza, è fortemente indebitata e il rigassificatore aggraverà la sua situazione. Ma tutti gli attori politici dell’ operazione (i partiti di centro sinistra presenti nelle amministrazioni locali) sono uniti in questo scempio. E’ sconcertante perfino il silenzio del Movimento5Stelle che, con il Sindaco di Parma dentro la gestione amministrativa di IREN, non osa proferire opportunisticamente nessuna critica a questo assurdo progetto. Assurdo poi coinvolgere la OLT nella ristrutturazione dello stadio di Livorno, tanto i costi sarebbero sempre a carico dei cittadini se il governo centrale compenserà i costi dell’impianto.

I PROBLEMI DI SICUREZZA DEL RIGASSIFICATORE
Questo è un impianto sperimentale e primo al mondo. Basterebbe pensare a tutto il tempo impiegato per realizzarlo per non stare tranquilli. La commissione toscana dei Vigili del Fuoco ha accettato con riserva le modifiche di OLT all’ impianto richieste da esperti internazionali, imponendo delle altre modifiche entro il 2015. I problemi maggiori riguardano la gestione di milioni di tonnellate di gas e il loro trasferimento verso la terra ferma. Vogliamo ricordare solo due gravi incidenti: quello della strage di Viareggio provocato da un cisterna di poche decine di metri cubi e la strage di Genova relativa ai rimorchiatori e agli attracchi. Un recente documento della marina mercantile olandese analizza il problema degli attracchi delle navi gasiere alla FSRU OLT e individua come siano estremamente pericolosi ( vedasi
http://www.marin.nl/web/file?uuid=2c01e469-fb5f-4442-b874-270fb8f95a81&owner=d2590545-3d49-46fa-8b10-f3d2e75493c0&contentid=3299 ).
Senza contare i rischi provocati da eventi naturali eccezionali come maremoti, tornado o libecciate straordinarie o possibili attentati. In ogni caso non è stata prevista nessuna informazione ai cittadini in merito a possibili incidenti catastrofici ed eventuali evacuazioni. Addirittura è stato respinto un referendum consultivo da parte di questa irresponsabile amministrazione comunale.
CONCLUSIONI
Il Partito Comunista dei Lavoratori difende gli interessi dei lavoratori e dei cittadini contro i progetti di un capitalismo in crisi che non ha scrupoli pur di mantenere i suoi livelli di profitto, speculando contro i territori e la salute. Saremo sempre in prima fila nella contro informazione per evitare che un progetto scellerato si trasformi in catastrofe.

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI
COORDINAMENTO DELLE SEZIONI TOSCANE

La vita è di tutti! Terremoto Garfagna e Lunigiana 21-06-2013

Il 21 giugno 2013 rimarrà un ricordo indelebile nella vita di molti garfagnini e lunigianesi. Sì, perché alle 12:33 di quel giorno, la terra ha tremato così violentemente da incutere un terrore generale nella popolazione. Una scossa di forza 5.2, con epicentro il comune di Minucciano, ha stravolto le vite della popolazione. Lo sciame sismico ha proseguito con una costanza  impressionante (più di cento le scosse nell'arco delle venti ore susseguenti). Numerosi i danni alle abitazioni, tant'è che molte famiglie sono state costrette ad abbandonare le proprie dimore. Il clima che si respira è irreale, non c'è che dire, il terremoto incute sempre paura. Prontamente sono stati allestiti campi di accoglienza dove i garfagnini hanno potuto trascorrere la notte, lontano dalla paura di crolli improvvisi. Come già fatto notare la paura è tanta, ma questo non basta. C'è chi, come il blog del Centro Sismologia Indipendente del Settentrione dirama notizie sulla prossima scossa, che a parer loro dovrà verificarsi tra le 22:30 e le 24:00 del 22 Giugno, addirittura calcolandola con una forza di magnitudo compresa tra i 5 e i 7 gradi. Tutto questo per avere più visite possibili sul proprio blog. E' risaputo, le scosse non sono prevedibili, tantomeno la violenza che queste sprigioneranno. E allora perché alimentare il terrore in una popolazione che da due giorni sta attraversando momenti di sconforto generale? Tutto il Partito Comunista dei Lavoratori offre solidarietà indiscussa alle famiglie garfagnine e lunigianesi stringendosi calorosamente al loro fianco avvallando una rivendicazione . Come già fatto notare il terremoto è indiscutibilmente imprevedibile, ma un piano di prevenzione no! Pretendiamo di aprire un tavolo di discussione, con le istituzioni competenti, sulla messa a disposizione delle famiglie bisognose di fondi finanziari che possano così a far riuscire a mettere in sicurezza le proprie abitazioni. Sì, lo pretendiamo! Considerando che l'imposta del pagamento dell' IMU è stata un'operazione fortemente voluta da uno Stato borghese che non ha alcun interesse alla salvaguardia del diritto alla vita della popolazione proletaria. Il diritto alla vita è di tutti, non solamente di chi ha disponibilità economiche per poter rendere sicura la propria casa! Ci batteremo con qualsiasi metodo affinché la disparità sociale non pregiudichi la vita di tutti.

Partito Comunista dei Lavoratori Sez. Quarta Internazionale Garfagnana

Gezi Park evacuato, Istanbul e la Turchia esplodono

Dopo giorni di esitazione e di negoziati, il governo ha alla fine deciso di evacuare Taksim, dove in migliaia si erano accampati a Gezi Park, e che in decine di migliaia hanno visitato ogni notte. La polizia ha attaccato Gezi Park ieri pomeriggio, e dopo aver sgombrato il parco con lacrimogeni e, novità, cannoni ad acqua mista a qualche sostanza chimica, poichè bruciava la pelle di chiunque sfiorasse, ha raso al suolo le tende, l'infermeria, le cucine, la libreria.
Abbattere un fuoco della resistenza significa farne nascere altri mille. Immediatamente in una serie di quartieri di Istanbul e in molte città turche, la gente è uscita spontaneamente in migliaia, talvolta in decine di migliaia, ed ha iniziato a cantare gli slogan della rivolta che dura già da 15 giorni. Lo slogan più significativo è stato quello, naturalmente, "fianco a fianco contro il fascismo" (la tradizione turca di sinistra chiama "fascista" ogni sorta di regime repressivo) e "Governo dimettiti". Muovendosi dai quartieri operai, in decine di migliaia hanno occupato le circonvallazioni alle estremità di Istanbul, nel versante asiatico e europeo. Un gruppo di circa 1000 persone ha attraversato il ponte principale sul Bosforo che collega l'Asia all'Europa. Istanbul è divenuta ora un arco di lotta e resistenza che si estende per oltre 80 km in una città di 14 milioni di abitanti. Nel centro della città, persino i quartieri di lusso sono stati teatro dei cacerolazos ( concerti di vasi e pentole) e di marce.
La strategia della polizia è stata semplicemente di proteggere Taksim ed i dintorni. Ne hanno fatto una questione d'onore per salvare la faccia il non far avvicinare i dimostranti alla piazza che è stata il luogo della contestazione negli ultimi quindici giorni. Ecco perchè hanno versato tonnellate di gas urticanti su quella folla che, come quella di cui facevamo parte, era a svariati chilometri di distanza dalla piazza e stava forzando le barricate della polizia, mentre non sono stati capaci di toccare quei folti gruppi che bloccavano il traffico nelle principali arterie e raccordi ed hanno marciato fino all'alba.
Ma anche vicino a Taksim c'era una gran folla. Ad esempio, quella di cui noi facevamo parte, ha raggiunto le decine di migliaia ad un certo punto. Ma l'aria soffocante dei lacrimogeni gettati di continuo e l'effetto dell'acqua contaminata con sostanze chimiche hanno  giocato la loro parte e nel corso delle ore molte persone se ne sono andate.
C'è stato però, ad un certo punto, un evento di grande importanza. Gezi park è stato al centro dell'attenzione mondiale durante queste due settimane, con la sua gioia di un'atmosfera di libertà e condivisione. Proprio così, poichè questa esperienza ha implicato che decine di migliaia di giovani fossero iniziati per la prima volta alla bellezza della condivisione della vita comune. Ma nel processo, il mondo e anche molti in Turchia, hanno ignorato che l'ignobile linea della polizia turca nel gestire dimostrazioni di massa stesse continuando altrove. Un esempio straordinario è stato il quartiere Gazi di Istanbul, un distretto proletario in maggioranza alevita ( gli Aleviti sono una minoranza religiosa che si contano in decine di milioni, anche se la cifra esatta è un mistero). L'ironia sta anche nei nomi dei due luoghi, Gezi e Gazi.
Il momento più importante si è verificato quando la scorsa notte la nostra folla, che si stava assottigliando, ha ricevuto il supporto di una moltitudine di gente in arrivo da Gazi, che gridava "tieni duro Taksim, Gazi sta arrivando!". Gazi finalmente ha incontrato Gezi nello stesso vortice di violenza!
In altre parti della Turchia le masse si sono riversate sulle strade appena hanno saputo  di cosa era successo a Gezi park. Ad Ankara, la capitale, Izmir, la terza principale città sulla costa dell'Egeo di fronte alla Grecia, Adana e Bursa, rispettivamente i centri delle industrie tessili e metalmeccaniche, e Antalya, il maggior centro di villeggiatura estiva del Mediterraneo, tutte queste città hanno visto folle radunarsi nelle loro piazze principali. Tuttavia, l'atteggiamento delle forze dell'ordine è stato molto diverso, spaziando dalla totale astensione dalla violenza ad Izmir ed Antalya, all'uso estremo della forza ad Adana.
Esame di coscienza nei circoli di potere
Non c'è dubbio che le alte sfere tengano incontri frenetici negli uffici di Ankara. Il Governo, i capi dell'intelligence ed i corpi di polizia stanno valutando i meriti della legge marziale o lo stato di emergenza. Parallelamente a queste consultazioni ufficiali, non vi è dubbio che le fessure della classe dirigente stiano trovando la loro strada nel vertice del potere. Una coalizione anti-Erdogan è emersa nell'alleanza tra Abdullah Gul, il presidente della repubblica con radici nell'AKP, Bular Arinc, il vice premier, un altro peso massimo dello stesso partito, e TKemal Kilicdaroglu, il capo dell'autonominata socialdemocrazia Turca, che è anche il principale kemalista, ossia il partito laico-nazionalizta. Questo partito, un beniamino di molti settori della sinistra, sta cercando di far evaporare il movimento, nonostante ipocritamente ne stia al fianco.
Erdogan ha fatto probabilmente il più grande errore della sua vita. La sua arroganza l'ha portato di nuovo a prendere una decisione imprudente. La leadership delle organizzazioni che sono state scelte dal governo come rappresentanti della rivolta era pronta a liquidare il movimento. Ma dovevano procedere con cautela perchè le truppe si sono ribellate apertamente contro la loro capitolazione. Avevano bisogno solo di un giorno per ridimensionare la comune di Taksim ed al massimo una settimana per dissolverla. Ma Erdogan ha programmato un raduno ad Istanbul per Domenica 16 giugno, in cui voleva inscenare la sua vittoria. Questo è probabilmente il fattore principale dietro la tempistica del raid della polizia a Gezi Park.
L'atteggiamento di una parte della sinistra riguardo alla continuazione o dissoluzione della comune di Gezi park è emblematico. Solo una settimana fa i rappresentanti del movimento hanno fatto una lista di richieste, molte delle quali formulazioni incredibilmente minimali di rimostranze altrimenti legittime.
Dovrebbe bastare un esempio. Di fronte alla brutalità dei metodi delle forze di polizia, incluso l'uso di truppe senza uniforme che brandivano mazze chiodate, più o meno nella stessa vena della Shabiha di Beshar Assad o il Baltadjisof Hosni Mubarak, i rappresentanti hanno solo chiesto la rimozione di alcuni pezzi grossi, come se non fosse il primo ministro responsabile di quelle politiche brutali e vergognose.
Tuttavia, nonostante le carenze, queste sette richieste iniziali si sono rivelate essere estremamente preziose se comparate a quanto alla fine le rappresentanze hanno pattuito. Erdogan ha semplicemente proposto un referendum sul futuro di Gezi Park ed un'inchiesta interna sugli abusi da parte della polizia. Visti i precedenti delle forze di polizia e delle forze armate turche nell' indagare indagare i loro crimini (dopo un anno e mezzo dal massacro di Uludere/Roboski, in cui 34 contadini curdi morirono sotto i bombardamenti aerei dell'esercito turco, non una singola persona è stata perseguita), la promessa di un'indagine interna è uno scherzo! E tuttavia le rappresentanze hanno accettato queste condizioni ed hanno deciso la resa. Questo ha dell'incredibile visto che nemmeno una delle loro richieste originali è stata garantita nonostante il movimento non abbia perso in alcun modo la sua vitalità.
Tuttavia, in tutti i forum tenuti a Gezi Park, i giovani indipendenti che formavano lo zoccolo duro della comune di Taksim, hanno giudicato le concessioni del governo come ridicole ed hanno rifiutato di muoversi. Questo ha portato la leadership ad optare per un metodo ambiguo per liquidare il movimento. Stretta tra due fuochi, la dirigenza ha dichiarato di tener duro, mentre al contrario stavano semplicemente tentando di far morire la comune.
Ma persino questa grande retorica si è rivelata troppo ribelle per Ergodan, e ne è seguita la guerra.
La rivolta è senza precedenti per l'ampiezza della sua influenza, la profondità della rabbia da cui è nata, la fiducia in se stessi ed il coraggio delle moltitudini di persone, molte delle quali con scarsa esperienza politica nel passato. Se l'affluenza e la combattività della scorsa notte continuano, sarà messo a repentaglio non solo Erdogan ma anche il futuro dell'intero regime.
Un fattore di enorme importanza è il fatto che il DISK, la confederazione più progressista dei lavoratori dell'industria, e il KESK, la tendenza più a sinistra tra le confederazioni del pubblico impiego, hanno congiuntamente proclamato uno sciopero generale ed hanno fatto appello alle loro basi di uscire in strada a protestare. Questa è una novità ed è un fatto importantissimo, ma dobbiamo ancora aspettare per vedere  fino a che punto questa promessa sarà mantenuta una volta che si arriva a Lunedì, che è quando qualsiasi tipo di sciopero sarebbe significativo.
Tutto sommato
, la rivolta turca sta entrando in una nuova fase in cui la lotta può, a determinate condizioni, prendere più distintamente il timbro della lotta di classe
. Potrebbe sfociare in una rivoluzione in qualsiasi momento. Potrebbe, comunque, anche ridursi ad un semplice movimento di protesta e scomparire gradualmente nel futuro prossimo.
Il DIP lotta contro il capitalismo
Il Partito Rivoluzionario dei Lavoratori (DIP), sezione turca della CRQI, ha fatto parte del movimento sino dall'insorgere della rivolta il 31 maggio. I militanti del DIP erano tra quelli che stavano in prima fila nelle lotte contro la repressione poliziesca quel pomeriggio. Il DIP ha messo una tenda a Gezi park, ha fatto uscire cinque diversi volantini nel giro di una quindicina di giorni ed è intervenuto in tutti i dibattiti nei forum e nei frequenti incontri delle 80 organizzazioni che hanno formato la comune.
Nel corso del suo intervento, varie assi hanno definito la politica sostenuta dal DIP.
La caratterizzazione dell'esplosione come una rivolta che non mette in questione il potere, tranne che in uno slogan di richiesta di dimissioni del governo, una rivolta, tuttavia, che può facilmente essere trasformata in una rivoluzione, in certe circostanze.
Per convertire questa rivolta in rivoluzione, il DIP fa leva sul punto strategico della conversione della rivolta popolare in lotta di classe. Il collegamento tattico avanzato era il propugnare fin dal primo giorno lo sciopero generale. Il DIP ha correttamente riconosciuto la formazione di un'alleanza tra un settore più moderato dell' AKP ed il cosiddetto partito socialdemocratico, ed il loro ricorso a svariati sotterfugi per assorbire il movimento di massa. Noi abbiamo messo in guardia da questa cosa dal primo momento in cui è stata concepita.
Il DIP ha proposto un'assemblea dei rappresentanti del movimento di Gezi Park per scongiurare il pericolo di una svendita da parte delle rappresentanze selezionate dal governo.
Il DIP ha anche avanzato richieste dettagliate riguardo alla piattaforma del movimento di massa. Chiedendo naturalmente che il governo se ne andasse, ma anche di fare attenzione a non lasciare un vuoto tra questa richiesta del movimento di massa e le richieste minimali dei finti rappresentanti del movimento. In questa direzione, la caratteristica delle istanze del DIP è stata la formazione di una Commissione di Inchiesta Indipendente, autorizzata dal parlamento, per ricorrere a tutti i mezzi legali ed alla documentazione, che includesse i rappresentanti sindacali, la camera dei medici, e l'unione delle associazioni legali.
Negli ultimi giorni il DIP è stato uno dei pochi gruppi di sinistra ad opporsi alla capitolazione pianificata ma dissimulata. E' stato fatto un volantino sull'argomento, ricordando a tutti che gli alberi di Gezi Park erano solo il fattore scatenante di un movimento che realmente è nato in reazione alla repressione ed all'arroganza riservate alla gente nel suo insieme. E lo stesso movimento era di dimensioni nazionali e non poteva quindi essere confinato solo a Gezi Park. Questo volantino è stato letto dalla base indipendente ai forum ed ha ricevuto moltissimi applausi. I nostri compagni sono anche intervenuti in questi forum, chiedendo lo sciopero generale e la continuazione del movimento.
Il DIP continuerà a combattere per dare basi più solide alla rivolta e trasformarla in rivoluzione. Se la classe lavoratrice entrerà in scena con le proprie richieste e  le proprie forme di lotta, questo movimento si trasformerà rapidamente in una rivoluzione. E' quindi compito dei marxisti rivoluzionari di cercare di farne una rivoluzione permanente, sia a livello nazionale che internazionale.

LE MASSE TURCHE SCUOTONO IL REGIME. I NOSTRI COMPAGNI DEL DIP IN PRIMA FILA.


DIP
La straordinaria mobilitazione di massa che attraversa da sette giorni la Turchia continua a tenere il passo. Un regime apparentemente stabile, al potere da oltre un decennio, si trova sfidato per la prima volta sul terreno della piazza. 

Come spesso accade nella storia, la brusca svolta è stata accidentale: la difesa di un parco pubblico da una speculazione affaristica, commerciale e immobiliare. Ma la rivolta che la difesa del parco ha innescato ha assunto immediatamente una valenza politica enorme. La brutale repressione poliziesca dei giovani di piazza Taksim ha fatto da stura alla ribellione di massa contro il regime islamico di Erdogan in tutte le principali città turche. La parola d'ordine unificante è ovunque “Erdogan dimettiti”. 

La mobilitazione muove da istanze politiche democratiche, non da rivendicazioni sociali. La bandiera comune è la denuncia della brutalità poliziesca, ma anche l'opposizione alla politica di islamizzazione progressiva della società turca ( imposizione strisciante del velo alle donne, divieto del rossetto per le pubbliche dipendenti, criminalizzazione del bacio in pubblico, divieto del consumo di alcolici oltre le 10 di sera..). Non a caso i giovani tra i 20 e i 30 anni, ed in particolare la gioventù femminile, sono i protagonisti centrali della mobilitazione. Come fu inizialmente nelle sollevazioni arabe di Tunisia ed Egitto. 

Questa mobilitazione ha raccolto attorno a sé un sostegno attivo socialmente eterogeneo. Al fianco dei giovani studenti, precari, disoccupati, si è schierato un ampio settore di popolazione povera. Ma anche settori di piccola e media borghesia di formazione laica, spesso oltretutto emarginati dal clientelismo affaristico del regime. E persino settori di popolazione islamica di sentimento democratico. 

La classe operaia organizzata non ha ancora fatto irruzione sulla scena, a differenza che nella Tunisia e nell'Egitto del 2011. Ma il suo sentimento parteggia per la gioventù. Ieri si è prodotto un fatto nuovo e di grande importanza: la Confederazione dei sindacati dei lavoratori pubblici ( Kesk) ha promosso due giorni di sciopero politico contro lo “stato di terrore” in solidarietà con le manifestazioni dell'opposizione. E ha invitato altri sindacati ad aderire alla protesta. Vedremo gli sviluppi. E' certo che un ingresso in campo del movimento operaio turco potrebbe segnare una trascrescenza rivoluzionaria della situazione. E' la grande paura del regime. 

Ed è anche la paura degli imperialismi europei e innanzitutto dell'amministrazione USA: che da un lato temono l'apertura di una nuova crisi rivoluzionaria in un paese chiave del Medio Oriente ( e in un contesto regionale già travolto da una profonda destabilizzazione); dall'altro non vogliono trovarsi spiazzati dagli avvenimenti e dunque lamentano a futura memoria un “eccesso” di repressione del regime, per garantirsi uno spazio d'influenza in un eventuale cambio politico in Turchia. 115 miliardi di interscambio commerciale annuo con la Turchia sono del resto una buona ragione di preoccupazione. 

La portata degli avvenimenti scuote la classe dominante turca. Il crollo della Borsa di Istanbul è un buon termometro politico. Il mondo degli affari ( a partire dai costruttori) teme la crisi al buio di un regime amico. E che il disordine politico possa compromettere oltretutto.. la candidatura della Turchia ad ospitare le Olimpiadi del 2020 ( nuovo gigantesca mangiatoia di profitti). 
Le stesse forze del regime registrano le prime differenziazioni: tra ministri schierati con la polizia “contro i vandali” e un Presidente della Repubblica ( Gul)che sente il bisogno di sollecitare il “dialogo” con la piazza. Non è solo una divisione studiata dei ruoli. E' anche il primo segno di sbandamento di fronte ad un eruzione di massa improvvisa, e di incertezza su come fronteggiarla. Le stesse dichiarazioni contraddittorie di Erdogan, nel giro di poche ore, riflettono questa realtà. 

I settori politici dell'opposizione sono coinvolti ampiamente nella mobilitazione o nel sostegno ad essa. In tutte le piazze turche le bandiere dell'estrema sinistra sfilano assieme alle bandiere del nazionalismo Kemalista, della socialdemocrazia, dei partiti kurdi, e delle mille espressioni dell'associazionismo laico e democratico. E' il riflesso fisiologico della natura democratica della ribellione. Ma è anche il teatro delle operazioni politiche in corso nell'opposizione. Il partito nazionalista repubblicano, (sorpreso dagli avvenimenti) cerca di usare la ribellione come leva di un ricambio politico borghese, in vista delle elezioni presidenziali del 2014 : e per questo predica l'opposizione “responsabile” “contro l'estremismo”. Mentre il partito socialdemocratico, che pur sostiene la mobilitazione, chiede al governo “moderazione” per evitare di favorire “gli estremisti”. Borghesia liberale e socialdemocrazia, come sempre, si contrappongono al pieno sviluppo della stessa rivoluzione democratica. Perchè temono la sua trascrescenza anticapitalista e socialista. 

Il Partito operaio rivoluzionario turco (DIP)- sezione turca del Coordinamento per la Rifondazione della IV Internazionale- è sin dall'inizio in prima fila nella mobilitazione di massa, con le proprie bandiere e i propri militanti, nel nome di una prospettiva esattamente opposta: sviluppare sino in fondo la mobilitazione democratica per saldarla a un programma di classe anticapitalista di rivoluzione sociale. Per un governo dei lavoratori che spazzi via assieme al regime di Erdogan quel capitalismo turco che si è riparato dietro di esso per lucrare affari e ricchezze, contro il mondo del lavoro e la gioventù. 
Per questo il DIP è l'incarnazione stessa di quello spettro “estremista” evocato da governo islamico, nazionalisti borghesi, socialdemocratici turchi. E' un suo merito. 
Di certo la costruzione e sviluppo della nostra organizzazione in Turchia può compiere un passo avanti importante negli avvenimenti in corso. Nell'interesse generale del movimento operaio turco e delle stesse aspirazioni del movimento di massa. 

Alla ribellione di massa e al lavoro rivoluzionario dei nostri compagni turchi va il pieno sostegno del Partito Comunista dei Lavoratori. Oggi più che mai, la loro lotta è la nostra.

MARCO FERRANDO 
per l'Esecutivo nazionale del PCL

PRESIDIO IN SOLIDARIETA' AL POPOLO TURCO - MERCOLEDI' 5 GIUGNO - FIRENZE

Taksim Tahrir olacak! Piazza Taksim come Piazza Tahrir! 

AL FIANCO DEL POPOLO TURCO
FERMARE SUBITO LA REPRESSIONE
LIBERTA' PER TUTTI I PRIGIONIERI POLITICI
VIA IL GOVERNO ERDOGAN SERVO E COMPLICE DELL'IMPERIALISMO


In questi giorni la Turchia è in fiamme. La scintilla è stata una manifestazione ambientalista in centro Instabul che, duramente repressa dalla polizia, ha dato fuoco alle polveri che da tempo covavano in tutto il paese.
E' ormai una settimana che tutte le principali città turche sono attraversate da cortei immensi contro il governo antipopolare di Erdogan, la repressione della polizia non si è fatta attendere, in pochi giorni ci sono già stati 1.700 arresti, centinaia di feriti e due morti.
La protesta si sta sempre più allargando ed è necessaria una mobilitazione internazionale a sostegno delle rivendicazioni del popolo turco.
Facciamo appello a tutte le organizzazioni anticapitaliste e antifasciste ad aderire e partecipare al presidio che si terrà:

MERCOLEDI 5 GIUGNO
ORE 18:30
VIA CAVOUR, 1 FIRENZE
PRESIDIO/MANIFESTAZIONE

Partito Comunista dei Lavoratori
Collettivo Studentesco Rivoluzionario
Giovani Comunisti 
Partito della Rifondazione Comunista Firenze
Collettivo Politico Scienze Politiche
Per un'altra città-Lista di cittadanza
 

CONFINDUSTRIA ESULTA, CGIL SVENDE, LANDINI SI ACCODA

“Non si potrà scioperare, promuovere cause legali o iniziative di contrasto dei contratti così definiti”. Così il direttore delle relazioni industriali di Confindustria,Pierangelo Albini, ha commentato l'accordo con CGIL CISL UIL sulla ”esigibilità” dei contratti( Sole 24 Ore 2/6). E' una soddisfazione motivata. Dopo aver ottenuto il diritto di deroga ai contratti nazionali di lavoro ( 28 Giugno 2011), la Confindustria incassa l'impegno a non contestarli. E' sufficiente la convalida della maggioranza “certificata” dei lavoratori per renderli vincolanti. Se una maggioranza di lavoratori, sotto ricatto di licenziamento, subisce un accordo umiliante, la minoranza dei lavoratori deve tacere e allinearsi. Questa è la sostanza dell'accordo. Con queste regole la FIOM avrebbe dovuto subire senza contrasto il contratto anti operaio a Pomigliano e Mirafiori. E' quanto chiedeva la FIAT. E' quanto incassa oggi Confindustria dentro il varco aperto dalla FIAT ( con la speranza, anche per questa via, di recuperare FIAT a Confindustria).
La burocrazia CGIL ottiene due risultati. Il primo è quello di rientrare organicamente al tavolo di concertazione con Confindustria, ponendo fine alla propria emarginazione d'apparato. Il secondo è quello di offrire una sponda al governo di unità nazionale guidato dal PD (e condiviso con Berlusconi). Il plauso di Letta a Camusso (“ Bravi, bravi, bravi!”) sintetizza la soddisfazione di un governo che ha bisogno di uno scudo sociale protettivo.

Il gruppo dirigente della FIOM realizza un capolavoro di spregiudicata acrobazia: presenta come vittoria diplomatica la propria sconfitta sociale.
La direzione FIOM aveva contrastato a suo modo le politiche padronali e la concertazione sindacale coi padroni, esprimendosi contro il principio di deroga ai contratti nazionali ( 28 Giugno 2011). Ma non ha indicato, in questi anni, una alternativa generale di lotta. Ha accettato la frammentazione delle vertenze. Ha bloccato possibili risposte radicali capaci di ribaltare i rapporti di forza ( a partire dalla mancata occupazione di FIAT Termini Imerese nel 2009). Ha disperso le potenzialità di ripresa operaia dopo il referendum a Pomigliano e la grande manifestazione nazionale del 16 Ottobre 2010. Non ha dato continuità al movimento nazionale di lotta a difesa dell'articolo 18, per non contrapporsi alla burocrazia CGIL. Il risultato è stato una sconfitta dei lavoratori e della stessa FIOM. Il cui gruppo dirigente oggi risponde al fallimento della propria linea nel peggiore dei modi: provando a presentarsi come vincente agli occhi dei lavoratori. Intestandosi l'accordo con Confindustria. E dunque allineandosi senza imbarazzo a Susanna Camusso, nel momento stesso in cui la CGIL è lodata da Confindustria, CISL, UIL e Governo. Tutti i tradizionali avversari della FIOM.
“Il sindacato del NO abbassa la testa” commenta il giornalaccio reazionario Libero, con una esultanza mista a sorpresa. E' la verità.

Il PCL, i suoi militanti sindacali in CGIL e fuori dalla CGIL, contrasteranno a tutti i livelli, e con tutte le proprie forze, questo accordo. Dentro una linea di massa che rilancia una volta di più l'esigenza di una risposta radicale e generale all'offensiva padronale e alle politiche d'austerità. L'unica che possa far saltare le “larghe intese” sindacali. L'unica che possa imporre la cacciata del governo Letta Alfano. L'unica che possa aprire la via di un'alternativa vera.

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

PIAZZA TAKSIM COME PIAZZA TAHRIR

Istanbul è diventata un campo di battaglia coperto da gas lacrimogeni. La polizia, senza dubbi e per volere di Tayyip Erdogan e il suo governo AKP, hanno attaccato i manifestanti nel centro della città, vicino a Piazza Taksim, per cinque giorni consecutivi. Questa non e' una novità' : la polizia turca è famosa per la sua brutalità nel trattare con le dimostrazioni sgradite al governo. Solo un mese fa, durante il primo maggio, avevano disperso una mobilitazione di migliaia di lavoratori e sindacalisti usando gas lacrimogeni senza limiti. 
Quindi niente di nuovo sul fronte della polizia. Questa pero' volta la situazione è diversa per un altro motivo. 
La differenza risiede nella determinazione e audacia di contestatori. I primi quattro giorni hanno visto un numero crescente di persone, raggiungendo molte migliaia giovedì notte, cioè dopo il quarto giorno di lotta quando e' stato creato un campeggio sulla cosiddetta passeggiata vicino a Piazza Taksim. Ogni notte verso il mattino presto la polizia ha attaccato i campeggiatori costringendoli a smontare le tende e poi bruciandole dalla terza e quarta notte di protesta. I manifestanti hanno cercato di proteggersi la loro incolumità e quella dei preziosissimi alberi nel mezzo di una città con una zona verde estremamente limitata. Il municipio di Istanbul, sotto il governo AKP, è stato impegnato a preparare il terreno per costruire un centro commerciale (sotto le spoglie di un edificio storico) nel luogo dove ora si trova il lungomare. 
La pura brutalità della polizia e alcuni teppisti in borghese che sostenevano di essere della polizia municipale (sono loro che hanno bruciato le tende) ha convinto la gente di Istanbul a correre in aiuto dei contestatori attaccati. Istiklal, ( il Viale dell' Indipendenza ) una grande arteria che corre da Taksim diversi chilometri a sud, una zona pedonale che è il cuore della cultura, della politica, e dell' intrattenimento e ultimamente anche del turismo, si riempì in pochissimo tempo di gente da un'estremità a altra di Piazza Taksim che era controllata dalla polizia. Istintivamente risuonarono i canti contro il governo e qualcuno ha persino previsto un po' avventatamente la sua imminente caduta. 

Uno slogan ha riscosso vera simpatia in mezzo alla folla: «Taksim diventerà Tahrir!» Questo è stato uno degli slogan del DIP (partito rivoluzionario dei lavoratori) ricordando 
le masse egiziane fin da quando iniziarono a lottare contro il loro moderno Faraone Hosni Mubarak. Lo slogan scandito dai militanti DIP al' avanguardia della folla in corteo sul viale Istiklal, ( il Viale dell' Indipendenza ) affrontando la polizia, immediatamente ha toccato un nervo scoperto e ha causato una reazione da parte i lacchè del governo AKP. Beyaz TV, un canale a pagamento del governo ha passato una didascalia sugli schermi e più volte chiedendo: "Che cosa vogliono questi provocatori con lo slogan 'Taksim diventerà Tahrir'!?" 

Il DIP da tempo chiede che il Ministro degli Esteri, responsabile della politica criminale del governo in Siria, ed il Ministro dell’Interno, che noi chiamiamo “Muammer il Chimico”, come riferimento ad “Ali il Chimico” del governo Saddam, siano rimossi dal loro incarico. 

La rimozione di quest’ultimo è già all’ordine del giorno. Stasera c’erano già voci non confermate che il capo della polizia di Istanbul fosse stato destituito. Se anche ciò fosse vero, il che sarebbe fin troppo ottimistico, la pulizia non dovrebbe finire qui. 

La classe lavoratrice, le forze di sinistra e la gioventù turca stanno uscendo da un periodo di estrema passività politica. Tranne che per la lotta incessante portata avanti dal popolo curdo, la Turchia è stata un deserto in termini di lotte di massa negli ultimi 15 anni almeno, interrotto solo eccezionalmente dalla lotta dei lavoratori della Tekel (la compagnia del tabacco e degli alcolici, precedentemente privatizzata) nell’inverno 2009-2010, sfortunatamente svenduti dalla burocrazia sindacale. Quindi sarebbe azzardato dire che il movimento sia già ad un punto di non ritorno. Ma lo spirito è senza dubbio quello di una riacquistata fiducia da parte delle masse. Ciò che più conta è vedere come reagirà la classe lavoratrice organizzata. Ci sono state svariate azioni industriali importanti recentemente. Questo potrebbe benissimo radicalizzare l’atteggiamento di alcuni settori della classe lavoratrice, inclusi i lavoratori della Turkish Airlines, nel cui sciopero il DIP è intervenuto massicciamente. 

Ho appena lasciato un’altra piazza centrale di Istanbul, non lontana da Taksim. La piazza è piena di gente, e migliaia, persino decine di migliaia di automobili stanno ancora muovendosi lentamente verso la piazza. Non ci sarebbe niente di straordinario in tutto ciò, se non fossero quasi le 3 del mattino. Anche Ankara, la capitale, era oggi in protesta. Izmir, la terza città turca sul mare Egeo, è ancora viva, con lotte di strada ancora in corso. 

Un blogger ha detto stanotte: “ Bene, Tayyip Erdogan, con la sua arroganza, è riuscito ad unire turchi e curdi, sunniti, aleviti e laici!” Ebbene, questo è quel che noi abbiamo sempre detto. Questo è quello che è accaduto quando i lavoratori della Tekel hanno iniziato la loro battaglia di due mesi e mezzo. Questo è quanto sta accadendo oggi su una scala molto più vasta.

Sungur Savran 
segretario del PARTITO OPERAIO RIVOLUZIONARIO 
(DIP) Sezione turca del CRQI

PRESIDENZIALISMO

La Costituzione della cosiddetta Prima Repubblica (l'unica, per quanto mi riguarda) venne scritta da persone che avevano combattuto le SS e le camicie nere.  
Queste persone, avendo vissuto la crisi del liberalismo, la dittatura e la guerra, scelsero la forma parlamentare e implicitamente, il proporzionalismo. Avranno avuto le loro ragioni.

Lo statuto della prossima repubblica verra` scritto nei prossimi mesi da una banda di farabutti di destra e di sinistra, neofascisti ed ex-comunisti, che spesso hanno combattuto i carabinieri e la guardia di finanza, sempre e comunque i lavoratori, magari al soldo della Goldman Sachs e della Trilaterale. Gli stessi che grazie al sistema maggioritario hanno portato il paese a questo sfacelo. 
Se scelgono il presidenzialismo e il maggioritario, storici obiettivi della destra, avranno le loro ragioni.
Io, cittadino e lavoratore ormai privo di rappresentanza, posso soltanto augurare a tali persone ogni male possibile.

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Andrea Domenici