Qualche
settimana fa è apparso un articolo sulla Nazione che annunciava in maniera entusiastica l’apertura
presso il Centro Chirurgico Toscano, polo
di matrice privata, di un servizio di “primo soccorso” , salutato come la
panacea per i mali del pronto soccorso di Arezzo. Nell’articolo se ne
evidenziavano le enormi virtù: parziale
alternativa all’emergenza del San Donato
erogata da una struttura specializzata in ortopedia ma operante per qualunque
altra problematica chirurgica. Aperto dalle 9,00 alle 19,00, sabato e domenica
esclusi. Se cliccate su Centro Chirurgico Toscano vi appaiono immagini
edulcorate di operatori capaci e professionali, impegnati nella realizzazione di
una sinergia di servizi tale che , si desume, solo il privato vi potrà
garantire.
Si
evidenzia che la tariffa di accesso è uguale per tutti: cento euro. Questo
dovrebbe rasserenare gli animi e far dire che in fondo al Centro Chirurgico si
risparmia, perché se si seguisse nel pubblico l’iter di radiografie, esami del
sangue ecc prima di una operazione, si spenderebbe di più. Quelle cento euro
uguali per tutti, senza distinzione per reddito, paradossalmente rappresenterebbero
la nuova frontiera dell’uguaglianza del cittadino di fronte ai problemi di
salute , oltre a mettere in risalto ancora una volta che pagando sull’unghia si
ottiene la competenza del privato tempestivo paragonato al servizio pubblico
lento, infognato in liste di attesa
infinite e tutto sommato neanche gratuito. La domanda sorge spontanea: chi si
rivolgerà al primo soccorso privato?? Non certo il cittadino preda della crisi
. E se non mi accolgono perché non ho cento euro da pagare su due piedi? Mi
buttano fuori, a dispetto della deontologia medica e infermieristica?
In
parole povere, si sta assistendo alla ormai spudorata privatizzazione della
sanità. Coloro ai quali paghiamo le
tasse che sovvenzionano la sanità
pubblica e che dovrebbero garantirci servizi
pubblici sempre più all’avanguardia ci stanno invece pilotando verso la
conclusione che un sistema sanitario pubblico così com’è meglio perderlo, tanto
non lo rimpiangerà nessuno, c’è comunque il polo privato.
Il
terreno è stato preparato da tempo, scientificamente, sia con la lenta erosione
delle risorse destinate alla sanità pubblica sia con la creazione a tavolino
della inefficienza pubblica.
Da
molto, troppo tempo la risposta al bisogno di salute del cittadino viene data
all’insegna del rigore, della riduzione dei costi, e quando si stabilisce che una delle qualità
del nostro Servizio Sanitario nazionale debba essere l’economicità (accanto
all’efficacia e all’efficienza) finisce sempre che il risparmio viene applicato
partendo dal basso e quasi mai
dall’alto, dunque tagliando i servizi al cittadino.
L’inefficienza
pubblica è stata creata con il taglio del personale necessario, con lo
smantellamento o il ridimensionamento di presidi e servizi territoriali, quelli che fungono da filtro per
evitare il ricorso all’emergenza e da primo contatto nei confronti del cittadino;
tutto tolto di mezzo ad arte per fare in modo che la gente confluisse al pronto
soccorso per avere risposte tempestive ai bisogni di salute. Sono state create
ad arte anche le lunghe liste di attesa , in modo da evidenziare quanto non
funziona il pubblico e quanto le risposte me le può dare subito il privato,
pagando. E’ stata creata ad arte
l’esternalizzazione di alcuni servizi, affidati dapprima alle cooperative, poi addirittura
al volontariato, poi addirittura ai ragazzi che svolgono il servizio civile
(barellieri) , creando così figure non professionali che sopperiscono al bisogno
di quel personale mancante, in realtà impiegando giovani sfruttati e malpagati.
Del
resto era stata aperta già una breccia :
quando in una città come Arezzo è stato
permesso ad una Associazione di finanziare l’apertura di un reparto oncologico
con i proventi del mercatino del Calcit, questo la dice lunga sulla volontà
politica di investimento del pubblico sul territorio. Noi siamo convinti che la
sanità pubblica debba essere oggetto di investimenti seri, costanti e sempre
all’avanguardia da parte della fiscalità generale, non che interi reparti siano
costruiti grazie al buon cuore della gente.
La
salute non è oggetto di carità (se trovo i soldi posso creare un reparto per
curarmi) la salute è e rimane un diritto, che deve per legge essere
sovvenzionato dalla fiscalità generale. Invece i cittadini toscani già attualmente pagano di tasca propria più
del 30% delle prestazioni sanitarie – la compartecipazione alla spesa da parte
dei cittadini è già oggi in Toscana la
più alta d’Italia . Abbiamo
verificato che 11% dei toscani rinuncia a curarsi a causa degli alti costi delle prestazioni,
sempre più erogate da medici cui è addirittura permesso dal nostro Servizio
Sanitario di avere ambulatori privati nelle strutture pubbliche (intramoenia). I
risultati sono facili da prevedere: una sanità privata forte e ricca (per chi
potrà accedervi, come nel caso del primo soccorso aretino) e una pubblica povera e residuale per gli altri; quella che noi del Partito Comunista
dei Lavoratori, senza paura di smentite, chiamiamo una sanità di classe, perché
ad Arezzo la risposta alle carenze arriva sempre puntualmente dal privato, come
con la creazione dell’ambulatorio di primo soccorso. Bel modello di sanità
toscano.
Noi del Partito Comunista dei Lavoratori , che
purtroppo per i signori del privato siamo e restiamo fortemente ideologici , ci
rifacciamo al principio che la salute per tutti come diritto sia perseguibile
solo e soltanto dal servizio
pubblico; perché Il privato ha sempre e comunque una propria ideologia che lo
guida costantemente : massimo profitto col minimo costo. Ne vediamo fulgidi esempi
nelle gestioni private dei maggiori servizi pubblici (scuola, acqua, trasporti)
sempre più cari e sempre meno efficienti.
Partito Comunista dei Lavoratori – sezione di
Arezzo
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