Populismo e marxismo: nota di risposta a Paolo Babini del Partito dei CARC



Marxismo e dogmatismo

Il marxismo rivoluzionario non è una forma di catechismo, non è una cristallizzazione dogmatica del pensiero. Il marxismo rivoluzionario è il riflesso costante della realtà all’interno del cervello umano e il conseguente piano rivoluzionario di azione. Il marxismo rivoluzionario è la scienza che fonda il metodo di analisi, è il metodo di analisi che scala costantemente la montagna dei fatti concreti e su questa analisi elabora e sviluppa la propria strategia, la propria tattica e la propria organizzazione. Il marxismo rivoluzionario è:

1) il complesso organico delle teorie scientifiche di Marx, Engels, Lenin, Luxemburg, Trotsky, Gramsci e il suo sviluppo sulle sue proprie basi (dialettica della natura, materialismo storico e dialettico, gnoseologia, economia politica, teoria dello Stato e dell’egemonia, teoria delle relazioni internazionali, teoria del sindacato);

2) il metodo scientifico di: a) analisi della fase storica in corso; b) di ricerca storiografica; c) di sviluppo della teoria;

3) il programma politico della rivoluzione socialista mondiale (strategia, tattica, principi dell’organizzazione); e

4) la morale rivoluzionaria.


Gramsci e Trotsky

Nei Quaderni, Gramsci osserva che il Bronstein è il teorico dell’attacco frontale nella fase in cui questo è causa di pesanti sconfitte. Dopo la seconda guerra, sulla base di questa nota dei Quaderni, gli stalinisti hanno arruolato Gramsci tra le proprie fila contro i seguaci di Trotsky. Ma la ricostruzione cronologica di Valentino Gerratana dimostra in modo scrupoloso, che il grande rivoluzionario sardo scrive quell’appunto sul Bronstein negli anni in cui la Terza Internazionale stalinizzata adottava la tattica disastrosa del socialfascimo, cioè dell’attacco frontale contro i riformisti per conquistare la direzione del movimento operaio. Stalin aveva rimosso la tattica leninista del fronte unico. Gramsci, recluso nelle carceri fasciste, non aveva e non poteva avere informazioni adeguate sulla lotta in corso tra la burocrazia russa e l’Opposizione di sinistra e sulle questioni dell’Internazionale. In queste condizioni, Gramsci attribuì la tattica socialfascista (attacco frontale) a Trotsky, quando invece la situazione era capovolta con Trotsky che sosteneva il fronte unico e Stalin che aveva imposto all’Internazionale l’avventurismo disastroso del socialfascismo.

Il Partito dei CARC potrà citare Gramsci tutte le volte che vuole, potrà interpretarlo e utilizzarne le categorie analitiche, ma non potrà mai arruolarlo tra le file di Stalin o di Mao Tse Tung.  Gramsci è stato fino alla fine un leninista. Trotsky ha continuato il leninismo nell’epoca del fascismo, del nazismo, della reazione termidoriana e della controrivoluzione della burocrazia russa e della Grande Depressione. Da una parte il leninismo, dall’altra lo stalinismo. Lo stalinismo è la negazione dogmatica del marxismo, è l’ideologia (falsa coscienza) che svolge la funzione di giustificare e coprire la pratica politica della burocrazia sovietica nata come “escrescenza parassitaria” dalla rivoluzione d’Ottobre. Il marxismo è la teoria che riflette la prassi; lo stalinismo è l’ideologia che giustifica una pratica politica controrivoluzionaria.


Populismo e spontaneità

Il Movimento 5 Stelle e il Movimento 9 dicembre rimangono reazionari anche se attraversati da contraddizioni, e rimangono reazionari anche se includono elementi proletari confusi. I più grandi movimenti reazionari dell’età contemporanea hanno incluso elementi proletari, anche masse proletarie numericamente importanti. Ma la questione è che questi movimenti non sono e non sono mai stati l’espressione spontanea delle masse proletarie, nemmeno di parte di esse. Elementi o masse di proletariato partecipano passivamente a questi movimenti, sono sempre a rimorchio di queste dinamiche reazionarie, hanno sempre una posizione subalterna, mai dirigente.

La partecipazione proletaria ai movimenti reazionari è una delle forme attraverso cui la piccola borghesia esercita la propria influenza su una parte dei salariati. Il Movimento 5 Stelle e il Movimento 9 dicembre non sono movimenti spontanei, ma movimenti strutturati, organizzati e diretti. Nel Movimento 5 Stelle la direzione è centralizzata e segue due linee: la linea della centralizzazione telematica (Casaleggio) e la linea della centralizzazione carismatica (Grillo). La struttura organizzativa a rete, l’assenza di quadri intermedi, le norme statutarie minime, la proprietà individuale del simbolo, sono tutti elementi funzionali alle due linee di centralizzazione. Nel Movimento 9 dicembre l’organizzazione, anche se improvvisata, poggia su nuove corporazioni conflittuali nate dalla crisi delle tradizionali associazioni di categoria della piccola borghesia. Mentre Grillo è un demagogo di professione, nel Movimento 9 dicembre la direzione centralizzata è l’oggetto della contesa tra demagoghi non di professione, ma la direzione è presente, anche se attraversata da processi contraddittori.

Nei movimenti populisti odierni è presente un solo elemento di spontaneità: il sentimento sociale profondo e diffuso di rifiuto verso gli attuali governanti europei, nazionali, regionali e locali, verso il ceto politico e amministrativo dell’Europa e dell’Italia. Ma le direzioni populiste hanno potuto rappresentare e organizzare questo sentimento spontaneo in conseguenza di due fattori combinati: 1) il ritardo storico del Partito di classe; 2) l’arretramento della coscienza di classe dei salariati, conseguente alla disgregazione materiale della classe lavoratrice. Questa disgregazione ha la sua origine alla fine degli anni Settanta con il declino della grande industria (Torino, Genova, Milano) e lo sviluppo dei distretti industriali (crescita delle piccole e medie imprese), è continuata negli anni Novanta quando l’imperialismo italiano è stato incapace (crisi di internazionalizzazione) di ricollocarsi nella nuova divisione mondiale del lavoro, nella nuova gerarchia imperialista mondiale aperta dalla restaurazione del capitalismo nell’Europa orientale e in Russia prima, in Cina dopo, e dallo sviluppo generale del capitalismo asiatico; e si approfondisce oggi con la crisi di recessione da sovraproduzione.


Curva a gomito e curva dello sviluppo capitalistico


Con l’espressione “curva a gomito”, utilizzata in senso figurato, noi indichiamo che nel 2007-2008 è esplosa a livello internazionale la crisi di recessione da sovraproduzione, la cui origine si colloca nella metà degli anni Settanta, quando è iniziata l’attuale fase storica discendente nella curva dello sviluppo capitalistico. Sottolineiamo che si tratta di una fase storica e non della fase di un ciclo maggiore o fase di un’onda lunga k. Fase storica è un concetto che esprime la dialettica struttura e sovrastruttura e che focalizza la funzione retroattiva della seconda sulla prima. Mentre applichiamo il concetto di ciclicità solo al breve periodo economico.

L’attuale crisi internazionale di recessione da sovraproduzione è il prodotto naturale delle leggi oggettive del modo capitalistico di produzione: legge della sovraproduzione/sottoconsumo, legge della caduta tendenziale del saggio di profitto, legge della sproporzione tra i rami della produzione. La sovraproduzione attuale ha iniziato a manifestarsi a metà degli anni Settanta, ma è esplosa solo nel 2007-2008, dopo un processo contraddittorio durato circa un trentennio tra le tendenze alla crisi e le relative cause antagoniste. L’aumento del saggio di sfruttamento della forza lavoro (politiche neoliberiste), la diffusione del capitalismo nelle aree geografiche arretrate, la restaurazione del capitalismo nell’Europa orientale, in Russia e in Cina, il conseguente aumento della concorrenza all’interno del proletariato mondiale, il conseguente abbassamento dei salari e delle condizioni di lavoro, sono tutti fattori che per circa trent’anni hanno posticipato in avanti nel tempo l’esplosione della crisi. Ogni posticipazione aumentava l’intensità e l’estensione spaziale del potenziale di crisi. Ora le cause antagonistiche sono state sovrastate dalle cause di crisi, il potenziale di crisi si è trasformato in realtà, l’esplosione (che è solo una prima esplosione) del 2007-2008 ha trasformato l’angolo di inclinazione della fase discendente della curva dello sviluppo capitalistico. E lo ha trasformato nel senso che quello che prima si muoveva lentamente verso il basso, ora si muove velocemente e tende a scardinare tutto il complesso sovrastrutturale.



Conclusioni


Paolo Babini afferma la necessità di un costante miglioramento dei militanti e delle organizzazioni comuniste. Ha ragione. Questo miglioramento avviene e avverrà nel vivo delle lotte, dove il Partito Comunista dei Lavoratori combinerà sempre la ricerca della massima unità d’azione delle forze anticapitaliste con la massima fermezza nella demarcazione teorica, strategica e organizzativa.

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI - COORDINAMENTO TOSCANO

CONTRO LA REPRESSIONE POLIZIESCA - PER IL DIRITTO DI MANIFESTARE

Sabato 21 dicembre il PCL ha partecipato alla manifestazione cittadina indetta dall'assemblea contro l'austerità. Alcune centinaia di compagni hanno sfidato sia il terrorismo psicologico dei media cittadini sia il divieto della questura a tenere un corteo in centro. La Polizia, schierata a difesa del lusso cittadino, ha ripetutamente caricato i manifestanti sia alla partenza del corteo in piazza San Marco, sia durante il tragitto. Nonostante il clima intimidatorio e la violenza poliziesca i manifestanti sono riusciti a difendere il diritto a manifestare in centro, dimostrando sia alla Questura che sopratutto alle istituzioni cittadine, che manifestare è un diritto e che non siamo disposti a scendere a compromessi su diritti che il movimento si è conquistato con anni e anni di lotte.
Gli unici responsabili dei gravi fatti avvenuti ieri (prima vietare una manifestazione poi picchiare i manifestanti che non si arrendono a vedere calpestato un diritto garantito dalla loro stessa legge) sono la questura e le istituzioni cittadine, sindaco Renzi in primis. Noi esprimiamo la nostra piena, convinta e complice solidarietà ai compagni e alle compagne che ieri sono stati feriti durante le cariche.
Il sindaco Matteo Renzi, non ha saputo far altro al suo ritorno da Lampedusa, che solidarizzare con gli agenti rimasti feriti. Non una parola sul divieto a manifestare, non una parola sui numerosi manifestanti contusi e feriti.
Noi crediamo che la giornata di sabato sia invece importante, ha dimostrato come l'unità e la radicalità sia una scelta vincente. Questo non può essere altro che un debutto.

AVANTI NELLA LOTTA

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI FIRENZE

IL MOVIMENTO 9 DICEMBRE, LA POSIZIONE DEI CARC E I COMPITI DEI RIVOLUZIONARI


L’analisi e la conseguente tattica del Partito dei CARC relativamente al populismo reazionario - prima del Movimento 5 Stelle e oggi del Movimento 9 dicembre e Movimento dei forconi - riflette la profondità della disgregazione materiale della classe lavoratrice e dimostra un fatto ricorrente: chi non forgia le proprie armi battendo e ribattendo il ferro caldo del marxismo rivoluzionario, quando la Storia curva a gomito, inevitabilmente va a sbattere.
I CARC non sono quei sindacalisti rivoluzionari (revisionismo di sinistra) che aderirono al diciannovismo mussoliniano, i CARC sono antifascisti. Ma concepiscono la questione dell’egemonia in termini distorti, in termini volontaristici; il maoismo italiano è stata una forma storicamente determinata di volontarismo e il maoismo italiano è una delle fonti ideologiche dei CARC. Essi si inseriscono nelle mobilitazioni di questi giorni allo scopo di contendere ai reazionari l’egemonia sulla piccola borghesia impoverita, perché essi si illudono di poter strappare ai reazionari la loro base sociale naturale. Per i CARC l’egemonia non è una relazione di classe e di conseguenza coltivano la velleità che un gruppo politico proletario, ma che non dirige il proletariato, nemmeno parzialmente, possa assumere la direzione di un’altra classe, la piccola borghesia. Solo il proletariato può dirigere la parte impoverita degli ordini sociali medi e spingerli sulla strada della rivoluzione, ma il proletariato può svolgere la sua funzione dirigente sulle altre classi solo sviluppando la propria coscienza di classe rivoluzionaria. Nella situazione attuale la passività della classe lavoratrice lascia l’iniziativa politica alla piccola borghesia e i CARC che ricercano la direzione della mobilitazione piccolo borghese senza dirigere la classe lavoratrice, si pongono oggettivamente a rimorchio di una dinamica reazionaria.
L’egemonia è la direzione morale (modo di vivere, valori), intellettuale (concezione del mondo) e politica (strategia e tattica). L’egemonia è una relazione all’interno delle classi sociali e tra le classi sociali. La classe sociale economicamente e politicamente dominante, oggi la borghesia, seleziona costantemente i propri dirigenti e questi costantemente ricercano la direzione sulle classi sociali subalterne. Tutta la storia delle classi subalterne è la storia della ricerca e selezione dei propri gruppi dirigenti e quando questi gruppi si formano iniziano a subire l’egemonia o la pressione del tentativo egemonico dei dirigenti della classe dominante. E’ in questa complessità di relazioni dinamiche che i gruppi dirigenti delle classi subalterne si compongono e si scompongono costantemente. I dirigenti delle classi dominate che subiscono e cedono alle pressioni egemoniche della classe dominante, divengono dirigenti disorganici e devono essere sostituiti. Sono organici i dirigenti che rappresentano l’interesse immediato e storico della propria classe. La borghesia riesce stabilmente a esprimere dirigenti organici, naturali, mentre il proletariato è costantemente indebolito e diviso dalla lotta tra i suoi dirigenti organici e quelli disorganici. I marxisti rivoluzionari rappresentano l’interesse immediato e storico della classe salariata, sono i dirigenti organici. Oggi i marxisti rivoluzionari rappresentano la classe salariata solo oggettivamente, ne rappresentano, in ogni situazione data, l’interesse immediato e storico, ma non dirigono la classe. Tutta la nostra lotta è la lotta per la direzione della classe e questa lotta passa attraverso la distruzione delle attuali direzioni disorganiche (riformisti, stalinisti, centristi) e questa lotta consiste nel portare la coscienza socialista dall’esterno, nell’elevare la coscienza della situazione oggettiva. Senza dirigere la nostra classe, non potremo avere alcuna influenza sulla parte impoverita e non sfruttatrice della piccola borghesia. Perché è solo il proletariato rivoluzionario che può dirigere la parte povera della piccola borghesia. Un gruppo politico che non dirige il proletariato, nulla può sulle altre classi, se non subirne l’influenza. Nelle fasi storiche, come quella attuale, in cui prevale la passività generale della classe lavoratrice, la parte povera e non sfruttatrice della piccola borghesia si muove sotto la direzione della parte sfruttatrice e parassitaria che è per sua natura reazionaria, e resta reazionaria anche sotto la pressione del proletariato rivoluzionario; più sarà forte questa pressione più la forma della sua reazione tenderà al fascismo, ma più sarà forte questa pressione più sarà isolata, separata dagli strati inferiori della piccola borghesia verso i quali avranno presa le nostre rivendicazioni transitorie.
Nella situazione attuale dell’Europa mediterranea, la passività o combattività parziale della classe lavoratrice costituisce la condizione in cui la piccola borghesia mantiene la direzione sui propri strati inferiori ed esercita un’influenza crescente su ampi strati di salariati.
Nella società borghese, la stratificazione politica delle classi subalterne è un fatto costante. Oggi, la classe salariata è diretta in parte dagli opportunisti (riformisti, stalinisti, centristi), in parte dai liberali di sinistra e in parte crescente dai populisti reazionari. Gli opportunisti sono dirigenti operai borghesi, sotto influenza della borghesia o della piccola borghesia. I liberali di sinistra sono i dirigenti diretti della borghesia. I populisti sono i dirigenti della piccola borghesia.
Lo sciopero generale a oltranza, le espropriazioni delle banche e delle industrie, il governo dei lavoratori, gli Stati Uniti Socialisti d’Europa, sono le parole d’ordine, gli strumenti fondamentali attraverso cui i marxisti rivoluzionari attaccano le posizioni delle attuali direzioni dei lavoratori.
Il Movimento 9 dicembre accelera i tempi di questa guerra di posizione con un’offensiva rapida e concentrata della piccola borghesia per la direzione su lavoratori e disoccupati. Nuove corporazioni conflittuali di agricoltori, allevatori, artigiani, commercianti e autotrasportatori, nate dalla crisi di rappresentatività delle tradizionali associazioni di categoria, hanno fatto irruzione nella crisi italiana. Populisti, nazionalisti, regionalisti e fascisti si contendono l’egemonia di questa mobilitazione e al tempo stesso ricercano il consenso degli strati più confusi e disperati di lavoratori e disoccupati, da utilizzare come massa di manovra per i rispettivi progetti reazionari.
Il compito dei marxisti rivoluzionari è intensificare al massimo grado la propaganda delle rivendicazioni transitorie e dell’obbiettivo del governo dei lavoratori, ponendo al centro la parola d’ordine dell’Europa unita e socialista. Non si tratta di intervenire nelle piazze dei reazionari, ma nella classe. E’ necessario uno sforzo straordinario di propaganda nei luoghi di lavoro, di studio, nei quartieri, nelle manifestazioni sindacali e dei movimenti progressivi. Se la situazione precipiterà, i Partiti marxisti dovranno riunire un Comitato di intesa per la costituzione dei nuovi Arditi del Popolo a direzione centralizzata.

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI - Toscana

TRANVIERI O FORCONI RIVOLUZIONE O REAZIONE

“ Vi sarà un periodo transitorio in cui lo Stato sarà guidato da una commissione retta dalle forze dell'ordine, trascorso il quale si procederà a nuove votazioni”. A rivendicare un governo militare, come sbocco del blocco in atto, non è un dirigente di Forza nuova o Casa Pound. E' il capo dei Comitati Riuniti Agricoli, Danilo Calvani, uno tre massimi coordinatori nazionali del cosiddetto “ Movimento 9 Dicembre”. Un personaggio già candidatosi a sindaco di Latina attorno alla sigla Dignità Sociale, fondata nel Gennaio 2012 assieme all'ex generale dei carabinieri Antonio Pappalardo. Qual'era il progetto di Dignità sociale? Una santa alleanza tra “contadini e carabinieri” per la “salvezza della patria”.

Questo dato naturalmente non è sufficiente a inquadrare la natura sociale e politica del Movimento 9 Dicembre . Ma non è irrilevante se si vuole capire la sua dinamica.


LA CRISI DELLA PICCOLA BORGHESIA E LA CRISI DEL MOVIMENTO OPERAIO

La crisi capitalista e le politiche dominanti non colpiscono solo la classe operaia, ma anche larghi settori delle “classi medie” ( padroncini del trasporto, dell'agricoltura, del commercio, dell'artigianato), a loro volta socialmente differenziate al proprio interno. La crisi del mercato, l'usura delle banche, l'aumento delle tasse per finanziare il debito pubblico a a vantaggio del capitale finanziario, producono nel loro insieme un impoverimento di questi strati sociali.

Qui sta il bivio. O il movimento operaio sviluppa una propria alternativa alla società capitalista e alla sua crisi, sulla base di un programma di lotta anticapitalista che dia la vera risposta alla sofferenza sociale degli strati inferiori delle classi medie. O l'insofferenza sociale di queste classi rischia di essere capitalizzata da ambienti sociali e politici reazionari contro il movimento operaio.
Gli avvenimenti in corso sono al riguardo indicativi.

Il movimento operaio italiano conosce una grave crisi sociale e politica, per responsabilità delle sue direzioni politiche e sindacali. Non sono mancate e non mancano lotte operaie importanti di resistenza all'aggressione capitalista e alle politiche di austerità. Ma le sinistre politiche e sindacali non solo rifiutano di unificarle sul terreno di una programma generale di mobilitazione contro la dittatura del capitale, ma si adoperano per frammentarle, contenerle, disperderle. Emblematico il caso recentissimo dei tranvieri. La loro rivolta ha bloccato Genova per cinque giorni, è passata per Firenze, minacciava di propagarsi nell'intera Italia. Poteva realmente innescarsi un movimento radicale di massa contro le privatizzazioni e le politiche di austerità e sacrifici, capace di porsi come riferimento egemone di classe di tutte le sofferenze delle masse oppresse e di ampi strati della stessa piccola borghesia. Ma proprio per questo le burocrazie sindacali si sono affrettate a spegnere la miccia di Genova, a garanzia della borghesia italiana.

A questo punto lo scenario della mobilitazione cambia volto sociale e protagonisti politici. Un insieme eterogeneo di piccole organizzazioni padronali e dei loro capi si prende la scena, e si presenta come bandiera di una “rivoluzione”.

Il programma della .. rivoluzione non porta nulla di buono per i lavoratori, i precari, i disoccupati.
Sul piano sociale coltiva un immaginario mitologico che unisce “abolizione di Equitalia”, “ritorno alla lira”, “sovranità nazionale”: che in un quadro capitalista significherebbe solamente un nuovo saccheggio di salari e piccoli risparmi, e una nuova aggressione a welfare e servizi sociali ( in un paese in cui oltretutto è il lavoro dipendente a reggere sulle proprie spalle il grosso delle tasse) in perfetta continuità col presente. E ciò senza nessun reale cambiamento per la stessa piccola borghesia: che forse otterrebbe più mano libera nell'evasione di contributi e sfruttamento in nero, ma continuerebbe ad essere strozzata dal potere immutato di capitalisti e banchieri . I veri detentori della “sovranità”: altro che sventolio del tricolore.

Sul piano politico questa miscela sociale e ideologica è il naturale brodo di coltura di forze reazionarie. L'anatomia dei gruppi dirigenti della..”rivoluzione”, parla chiaro. Capi di organizzazioni padronali che vengono dal bacino della Lega Nord ( in particolare dell'indipendentismo veneto), dall'ambiente fascistoide laziale ( in particolare a Latina), dall'autonomismo siciliano ( benedetto dal capitalista Zamparini, supersfruttatore di lavoratori precari nei suoi supermercati). Un personale di avventurieri che, nella crisi delle vecchie organizzazioni di categoria e della politica borghese, cercano di coltivare i propri sogni di gloria ( al più..elettorali, come già i Forconi in Sicilia). Chi può meravigliarsi se in questo movimento si gettano a piene mani Forza Nuova, Casa Pound, Movimento Sociale Europeo, Militia? Non hanno ad oggi l'egemonia. Ma quello è il terreno naturale su cui possono piazzare la propria bandiera. Nè è ragione di meraviglia se il sindacato di polizia UGL, fiero difensore dei torturatori della Diaz al G8, solidarizza pubblicamente col movimento. Sta nelle cose.
Il fatto che a questo movimento si possano aggregare in qualche caso settori studenteschi o disoccupati ( come spesso accade nei movimenti reazionari di massa), non cambia la sua natura. Semmai accresce le preoccupazioni, e misura una volta di più la crisi di egemonia del movimento operaio.


NE' CON LO STATO NE' COI FORCONI.
PER UN'ALTERNATIVA PROLETARIA AL POTERE DEI CAPITALISTI E DEI BANCHIERI

Il PCL non sta né con lo Stato, né col Movimento 9 Dicembre.

Non abbiamo alcun pregiudizio a intervenire a sostegno di rivendicazioni progressiste di strati impoveriti di piccola borghesia. L'abbiamo fatto col movimento dei pastori sardi, l'abbiamo fatto un anno fa con la lotta dei tassisti. E' parte della lotta per un blocco sociale alternativo, entro una logica di classe. Ma altra cosa è porsi a rimorchio di una dinamica reazionaria. Non siamo stati coi Forconi in Sicilia, non stiamo oggi coi loro prosecutori.

Al tempo stesso proprio quanto sta avvenendo pone una volta di più l'esigenza e l'urgenza di una svolta anticapitalista del movimento operaio. Abolire il debito pubblico verso le banche ( con garanzie per il piccolo risparmio), nazionalizzare le banche, senza indennizzo per i grandi azionisti, e unificarle in un'unica banca pubblica sotto controllo sociale, sono la condizione decisiva per liberare milioni di famiglie dall'oppressione del capitale finanziario, dalla stretta del credito, dal cappio di mutui usurai. Se il movimento operaio si battesse per queste rivendicazioni potrebbe prendere la testa della rabbia sociale e di rivolta di settori ampi di piccola borghesia, disgregando il blocco sociale reazionario, e chiudendo lo spazio di manovra della demagogia fascistoide. Ma una simile battaglia di massa implica la lotta per un'alternativa di potere. Che spazzi via il governo del capitale, i suoi partiti, il suo Stato. Solo una Repubblica dei lavoratori può liberare assieme alla classe operaia la maggioranza della società: è' l'unica reale rivoluzione possibile.

Il PCL si batte e si batterà, in ogni movimento di classe o progressivo, per questa prospettiva.

“Giunta militare” o governo dei lavoratori: queste parole d'ordine indicano simbolicamente due prospettive contrapposte, due opposte dinamiche di classe. Il bivio strategico tra rivoluzione e reazione percorre, in forme diverse, l'intero scenario italiano, in un quadro di massima crisi sociale, politica, istituzionale.
 
PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

AL FIANCO DEI LAVORATORI DELL’ATAF, ESTENDERE LA MOBILITAZIONE UNIRE LE LOTTE.

Dopo la bellissima e partecipata manifestazione di giovedì mattina, quasi mille lavoratori in sciopero con il blocco totale del trasporto, delegazioni di lavoratori da Roma e da Genova, si pone il problema di come andare avanti nella lotta contro la privatizzazione e lo spacchettamento del trasporto pubblico locale.
Per la prima volta dopo anni abbiamo visto nella nostra città un vero sciopero, gestito dai lavoratori su una piattaforma radicale di lotta. Uno sciopero vero che rompe le regole imposte da governi, padronato e burocrazie sindacali, uno sciopero che parte con il piede giusto e che rompe con la tradizione delle passeggiate innocue in centro come per anni hanno imposto i sindacati confederali.
Ora si tratta di andare avanti per vincere, la lotta dei lavoratori Ataf deve diventare la scintilla per una città maltrattata dalla giunta Renzi, da anni di malgoverno del PD. Una città sempre più in mano agli speculatori e sempre più distante per i lavoratori, per i giovani, per i disoccupati.
Per poter vincere bisogna però che la lotta si estenda ad altri settori e categorie, se la lotta dei lavoratori Ataf si intreccia con quella degli operai delle fabbriche in crisi (Ginori, Gkn, ecc), con gli studenti medi e universitari, con i migranti, con gli occupanti delle case, con chi si batte contro la distruzione dell’ambiente (contro la TAV, contro gli inceneritori, ecc) si può creare veramente un processo che può ribaltare i rapporti e per la prima volta dopo anni e anni portarci ad una vittoria che darebbe slancio e vigore a tutte le altre vertenze.
Sono necessari tre passaggi fondamentali in questo momento cruciale della lotta: 

1-Dar vita ad una cassa di resistenza, che oltre ad aiutare economicamente i lavoratori in sciopero sia anche un’occasione per dare la possibilità ad altri lavoratori di solidarizzare con gli scioperanti. 
2-Eleggere un comitato di lotta tra i lavoratori, che sia l’unico organismo delegato a parlare con le controparti e che sia legittimato dall’assemblea
3-I lavoratori Ataf, in quanto avanguardia nelle lotte della nostra città, dovrebbero fare un appello alla mobilitazione generale almeno fino a domenica 8 dicembre, giorno delle primarie e grande vetrina per il sindaco Renzi. Questo per rompere sia il rischio di isolamento che per rispondere alla campagna mediatica che metteranno su gli organi di informazione renziana.

Il PCL sarà comunque al fianco, come ha sempre fatto negli anni passati e come ha fatto stamani al corteo, dei lavoratori nella loro lotta contro la privatizzazione.


Partito Comunista dei Lavoratori - Firenze