“Fare
Syriza anche in Italia” è diventato formalmente il coro polifonico che
va da Sinistra Critica agli innamorati delusi della prima ora del
governo Monti (Marco Revelli), passando per la FDS e persino per SEL.
Naturalmente la stessa evocazione maschera spesso significati diversi . E
nella maggior parte dei casi il richiamo a Syriza allude a intenti e
proposte che stanno in realtà ben più “a destra” di Syriza. C'è chi
evoca la “minaccia” di Syriza per provare a negoziare al meglio la
ricomposizione col PD ( SEL e buona parte della FDS); chi invoca Syriza
per proporre il “blocco progressista” con la IDV populista e una parte
dei sindaci del centrosinistra, dopo essere stato scaricato
(nazionalmente) dal PD ( PRC); chi vede in Syriza la forma finalmente
scoperta della “sintesi” tra “sociale e politico” ( da versanti diversi
Alba e una parte di Sinistra critica), o più semplicemente un marchio
elettorale “antipartito” competitivo col grillismo. E'
bene allora approfondire innanzitutto la realtà di Syriza, al di là del
suo mito. Per poi tornare al confronto interno alla sinistra italiana. Lo
sfondamento elettorale di Syriza non è dovuto al suo programma in
quanto tale o alla sua forma federativa, ma all'ascesa straordinaria
negli ultimi anni del movimento di massa in Grecia a fronte della
catastrofe sociale . In Italia la crisi del movimento di massa ( e la
subalterneità delle sinistre al PD) ha spianato la strada al grillismo.
In Grecia l'ascesa prolungata di massa ha usato Syriza come proprio
canale di espressione : contro tutti i partiti dominanti, compromessi
direttamente nella rapina, e a fronte di un KKE stalinista arcisettario
vocato a una politica di divisione del movimento in funzione della
propria autoconservazione d'apparato. Così una formazione che sino a due
anni fa era a rischio di estinzione è stata sospinta sulla cresta
dell'onda da una brusca svolta della lotta di classe. Ma
il programma di Syriza corrisponde alla gravità abissale della
catastrofe greca e alla crisi drammatica dell'Unione Europea? Questo è
il punto. Syriza certo respinge il memorandum della Troika e per questo
ha raccolto il voto della rivolta. Ma parallelamente il suo gruppo
dirigente difende l'Unione Europea; rivendica il principio della
“rinegoziazione del debito” verso le banche, contro la sua abolizione;
propone il “controllo pubblico” sulle banche private (come il Front de
Gauche),contro la loro nazionalizzazione senza indennizzo; difende
persino l'appartenenza della Grecia alla Nato. Insomma: nel mentre
raccoglie elettoralmente il vento della ribellione, Syriza si sforza (
invano) di rassicurare le classi dirigenti nazionali ed europee circa la
propria volontà di rispetto delle compatibilità strutturali di sistema;
e questo proprio nel momento storico in cui tutte le esigenze sociali
del popolo greco sono incompatibili col sistema capitalista. Questa
è la contraddizione di fondo che l'ascesa di Syriza trascina con sé , e
che i comunisti rivoluzionari greci ( EEK) -legati al PCL- incalzano e
incalzeranno nella comune azione di massa: fuori dal settarismo
stalinista del KKE, ma contro ogni adattamento a una nuova
socialdemocrazia di sinistra. Tutto
questo ripone coi piedi per terra il confronto interno alla sinistra
italiana: che deve partire dall'analisi della svolta d'epoca che ci
attraversa, non dalle elezioni del 2013 o dalla mitologia di Syriza. Guardiamo
in faccia la realtà. La Grecia è la metafora dell'Europa. Non siamo di
fronte alla crisi del “modello liberista”. Siamo di fronte al fallimento
del capitalismo, e alle sue ricadute sociali devastanti. Tutti i miti
alimentati per anni dai gruppi dirigenti del riformismo italiano (
Jospin, Prodi, Zapatero..) sono stati spazzati via dalla realtà. Non vi
sono compromessi riformatori all'orizzonte. Non vi sono borghesie
“buone” e democratiche con cui realizzare “equilibri più avanzati”. Non
vi è una possibile “Europa sociale e democratica” dentro la camicia di
forza dell'Unione Europea e del capitalismo europeo. Continuare a
vagheggiare queste illusioni utopiche significa nel migliore dei casi
disarmare l'alternativa e le stesse lotte di resistenza sociale; nel
peggiore predisporsi a nuove corresponsabilità di governo contro i
lavoratori. La
verità è che il capitalismo non ha più nulla da dare ma solo da
togliere agli sfruttati, chiunque governi; che l'Unione Europea si regge
sul patto ( faticoso) di mutuo soccorso tra le banche e i loro governi
di ogni colore, pagato dalla distruzione progressiva di ogni conquista
sociale; e che solo una rottura anticapitalistica e rivoluzionaria può
liberare una svolta per i lavoratori e le masse oppresse. Di fatto,
governi dei lavoratori e Stati Uniti Socialisti d'Europa sono l'unica
prospettiva storica di progresso per il vecchio continente. Certo,
le grandi masse non hanno consapevolezza di questa verità e spesso anzi
registrano un arretramento profondo della propria coscienza politica.
Ma il dovere dei comunisti è di elevare la coscienza al livello della
verità, non di rimuovere la verità per adattarsi alla coscienza data. O
addirittura per nutrirla di nuove illusioni. Anche perchè la profondità
della crisi capitalistica europea delinea un bivio drammatico di
prospettiva: lo sviluppo di una massa critica di populismo reazionario
in Europa senza precedenti nel dopoguerra, ci dice che una mancata
soluzione anticapitalista della crisi sociale può liberare i più cupi
fantasmi del passato. Rivoluzione o reazione, questo in definitiva è il
futuro dell'Europa. E
allora l'interrogativo che ci riguarda è d'obbligo: possiamo costruire
una sinistra rivoluzionaria, che sia all'altezza di un livello di
scontro storicamente nuovo? Possiamo confrontarci su come realizzare una
svolta unitaria del movimento operaio italiano, delle sue forme di
lotta, delle sue forme di organizzazione, dei suoi programmi, che sia
tanto radicale quanto radicale è l'aggressione al lavoro e la crisi del
capitale? Possiamo confrontarci su come connettere ogni lotta (
sociale, ambientale, antirazzista, anticlericale) alla prospettiva della
rivoluzione sociale e di un governo dei lavoratori, quale unica vera
alternativa alla crisi del capitalismo italiano, della seconde
Repubblica, della U. E.? Caro
compagno Ferrero: se la proposta più “radicale” oggi in campo a
sinistra- magari nel nome improprio di Syriza- resta quella di un blocco
con la IDV di Di Pietro e Orlando, che vota il pareggio di bilancio in
Costituzione e sostiene il reato di immigrazione clandestina, il
messaggio non è incoraggiante. Tanto più se parallelamente si continua a
restare nelle giunte locali a braccetto col PD e magari con la UDC (
come in Liguria) tagliando ospedali e massimizzando l' IMU.
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